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sabato 12 gennaio 2013

IL FANTASMA DELL'ANFITEATRO: LA TERZA AVVENTURA DI LAPO & BALDO, RAGAZZINI MEDIEVALI!

di Francesco Manetti

Dopo la prima e la seconda avventura di Lapo & Baldo, due ragazzini che risolvono misteri nella Firenze medievali, eccovi ora il terzo - e per ora ultimo - episodio (che sembra quasi uno scarto di soggetto per Scooby-Doo)! Scrissi questi tre raccontini nella prima metà degli anni Novanta, per una serie di libriccini illustrati per bambini dai 9 agli 11 anni - serie che purtroppo non partì mai... Il primo lo pubblicai sulle note di Facebook; il secondo e il terzo sono rimasti assolutamente inediti, fino all'apparizione sul mio blog Ultimo Istante. Buona lettura. (F. M.)


 


Le avventure di Lapo & Baldo, ragazzi medievali - 3a parte
IL FANTASMA DELL'ANFITEATRO 

"Quando Firenze si chiamava ancora Florentia", spiega il maestro Brunetto Cavalcanti alla scolaresca di cui fanno parte anche Lapo e Baldo, "esistevano molti edifici oggi scomparsi. Tra questi lo stupendo anfiteatro romano capace di ventimila posti: se ne può fare ancora il giro percorrendo quelle viuzze curve subito dietro Porta della Pera. La leggenda vuole che il fantasma dell'ignoto architetto che lo progettò circa 1200 anni fa vaghi ancora nei sotterranei delle case che oggi coprono la sua opera. Da qualche mese molti degli abitanti della zona sono fuggiti spaventati da grida disumane e terrificanti che vengono dal sottosuolo soprattutto di notte. Bene, anche per oggi la lezione è finita. Ci vediamo domani".

Per strada Lapo e Baldo commentano quanto udito in classe.
"Che ne dici, Lapo: ci andiamo oggi pomeriggio a vedere dalle parti di Via Torta? Forse abbiamo la fortuna d'incontrare lo spettro!"
"Sì, sarebbe emozionante, ma dobbiamo stare attenti a non farci sorprendere dal buio, non tanto per il fantasma, quanto per la ronda delle guardie. Lo sai cosa capita a chi non rispetta il coprifuoco..."
"Non ti preoccupare, non faremo tardi. Ci vediamo dopo pranzo a casa mia".
"A più tardi, allora".

Qualche ora dopo i due amici sono già a osservare le curve pareti delle case edificate sull'antico perimetro dell'anfiteatro. Le abitazioni abbandonate conferiscono al posto un'aria tetra. Il silenzio è palpabile e solo degli occasionali rumori di stoviglie confermano che qualcuno più coraggioso degli altri non se ne è ancora andato.
"Brrr... da quando siamo arrivati mi si è accapponata la pelle. Eppure non fa freddo", dice Lapo.
"Ho i brividi anch'io, ma mi consolo pensando a come ci invidieranno i nostri compagni quando sapranno che siamo stati qui. Cominciamo da là!"
Baldo indica quello che fino a pochi mesi prima era stato l'ingresso di un fiorente negozio di fabbro. I due entrano in punta di piedi in quei locali anneriti dal fumo camminando sui pavimenti coperti di fuliggine.





"Che tristezza, Lapo. Quel pover'uomo se ne è andato così in fretta che non si è potuto portar dietro tutti i suoi attrezzi. Guarda qua: un martello, due pinze, un attizzatoio... E non ha nemmeno chiuso a chiave la bottega".
"Sarà meglio farlo noi. Non vorrei che qualcuno, passando, ci vedesse e ci scambiasse per ladruncoli.", dice Lapo chiudendo il portone.
"OOOOOOOOOOOOOOUUUUUUUUUUUUUUU!", un grido che sembra provenire dall'Inferno fa sobbalzare i ragazzi.
"C-cosa è s-stato?"
"N-non lo so, L-Lapo. V-veniva da s-sottoterra!"
"AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAUUUUUUUUUU!"
"San Giovanni aiutami tu! E' il fantasma! E stavolta il grido era più vicino. Sta venendo quassù!"
"Presto! Diamocela a gambe!"
"Accidenti! La serratura si è bloccata! Che facciamo?"
"Non c'è un secondo da perdere! Infiliamoci là!"





E in men che non si dica Lapo e Baldo trovano rifugio in un pesante armadio di noce. Sbirciando dagli interstizi delle assi che compongono il mobile i due vedono apparire un essere ammantato di bianco che porta un calderone. Lo spettro aggancia la pentola nella fornace del fabbro e accende il fuoco.
"Che sta facendo?" si domanda sottovoce Lapo "da quando in qua i fantasmi hanno bisogno di cucinarsi la cena?"
"Ma che dici... quell'attrezzatura serve per fondere i metalli... ma è la prima volta che sento parlare di un spirito con il passatempo del fabbro."
"Ehi, ora che è tutto intento nel suo lavoro, che ne diresti di provare di nuovo ad aprire quella porta? Mica possiamo star qui dentro tutta la vita."
"Vabbè, usciamo."
Quatti quatti i ragazzi scivolano fuori dall'armadio e si dirigono verso la porta. I loro sforzi sono inutili: nemmeno tirando in due riescono ad aver ragione del chiavistello. Lo spettro, intanto, sembra aver finito di preparare la fornace. Proprio in quel momento i ragazzi notano una botola aperta e delle scale che scendono nei sotterranei. Senza esitare si lanciano giù e si trovano di fronte a uno spettacolo incredibile. Una decina di torce illuminano degli ampi soffitti a volta e delle gradinate.





"Guarda, Lapo! L'anfiteatro romano esiste ancora sotto le case moderne. Vedi quelle colonne? Reggono il peso delle nuove costruzioni."
"Davvero stupendo! E qua cosa c'è?"
In un angolo tre barili pieni di soldi brillano alla luce tremolante delle torce.
"Santo cielo! Sono fiorini d'oro! Saranno centinaia di migliaia! Ci potresti comprare tutta Firenze!"
"Non credo, Lapo", dice Baldo avvicinandosi a un tavolo di legno, "vedi queste barre di metallo vile accanto ai lingotti d'oro? Servono per fabbricare una lega pesante come l'oro e con lo stesso aspetto ma di valore molto inferiore. E questi stampi...? Siamo capitati nel covo di un falsario, altro che spettro! Con quella mascherata teneva lontani i curiosi dai suoi loschi affari."
"OOOOOOOOOOOOOOUUUUUUUUUUUUUU! CHI OSAAAAAAAAA?"
"Presto, appena scende tiriamogli addosso un paio di questi!" dice Baldo, lanciando a Lapo uno dei pesanti lingotti d'oro."
Il finto fantasma non fa in tempo ad accorgersi di cosa succede che due mattoni dorati lo centrano in fronte.
"Bene! Mi sembra sistemato! Vieni, Baldo: leghiamolo a una colonna con questa corda e poi andiamo a chiamare i bargellini. Sapranno loro come trattarlo".





Poco dopo il furfante viene portato via in catene dai poliziotti del Bargello. Il capitano si congratula con Lapo e Baldo.
"Bravi ragazzi! Da tempo avevamo notato che circolavano dei fiorini contraffatti, ma non ci immaginavamo certo che il falsario era lo spettro dell'anfiteatro! Come ricompensa vi spettano cinque monete d'oro a testa".
"Vere, vogliamo sperare", dice Lapo.
"Appena sfornate dalla zecca", dice il capitano, consegnando ai giovani investigatori un tintinnante borsello di cuoio ciascuno.


Ecco cosa c'è di vero nell'avventura che avete appena letto: il perimetro dell'anfiteatro romano si nota ancora a Firenze, nelle vie presso Santa Croce; i falsari esistevano anche allora e venivano puniti col rogo. Il resto è tutta fantasia.

Francesco Manetti

giovedì 6 dicembre 2012

LA STATUA DI MARTE: UNA NUOVA AVVENTURA DI LAPO & BALDO, RAGAZZI MEDIEVALI

di Francesco Manetti

Dopo la prima avventura di Lapo & Baldo, ragazzini della Firenze medievale, eccovi la seconda, anche questa scritta verso la metà degli anni Novanta per un'ipotetica serie di libretti illustrati per bambini... serie, ça va sans dire, mai partita! (F. M.)
 

Le avventure di Lapo e Baldo, ragazzi medievali - 2a parte
LA STATUA DI MARTE

Ai primi del '300 l'imboccatura del Ponte Vecchio a Firenze era sorvegliata da una statua romana che raffigurava il dio della guerra Marte. E' proprio di lì che si trovano a passare un pomeriggio di una giornata nuvolosa Lapo e Baldo, amici per la pelle.





"Dì, Lapo, non ti resta antipatico quel brutto muso?" 
"Come no! Alcuni sono sicuri che porti sfortuna... lo sostiene anche Dante, il poeta. Lui afferma che la statua ha influssi nefasti su Firenze. Si sa che nella mala Pasqua del 1216 Buondelmonte fu ammazzato ai suoi piedi: è da allora che le due fazioni, i Guelfi e i Ghibellini, sono venute ai ferri corti." 
"Maledetta statua, ti odio!", dice Baldo sferrando un possente calcio alla scultura.
Immediatamente si mette in moto un meccanismo e il basamento si apre. "Cavolo! L'hai rovinata! Scappiamo, altrimenti ci mettono dentro!" 
"Calma, Lapo. Non hai sentito quel rumore? La lastra del piedistallo si è spostata da sola. Il basamento è cavo e dentro c'è qualcosa...", ed estrae un piccolo scrigno che contiene due ampolline, una blu e una rossa, e un rotolo di carta pergamena legato con una cordicella. Baldo lo apre e legge. 
"Guai a coloro che richiameranno il berserker che nel corpo del feroce Attila fu distruttore di Firenze. Per colui che stroncava le vite la sostanza di morte nel vetro rosso sarà fonte di vita; per colui così lontano dalla purezza la sostanza di vita nel vetro blu sarà causa di morte. Io, Guidobrando negromante, nell'anno del Signore 1025 ne racchiusi lo spirito in questa pietra dall'Unno precipitata in Arno e dall'Imperatore Carlo Magno ritrovata. Che diavolo significa?"




 
"Fammi vedere!" 
"Ehi! Stai attento! Mi fai cadere tutto..." 
La scatola e la pergamena scivolano via dalle mani di Baldo andando a sbattere sul basamento della statua. L'ampolla rossa si spacca e una brodaglia verde va a bagnare i piedi di Marte. 
"Accidenti, Lapo! Guarda che pasticcio: il liquido ha inzuppato la carta, sciogliendola. Era la prova che Attila aveva distrutto davvero Firenze e..." 
Un terribile urlo fa trasalire i due giovani. 
"UUUAAARRRRGH! CHI OSA DISTURBARE IL SONNO DEL BERSERKER?" 
La statua di Marte ha preso vita! Il volto del mostro ha assunto un'espressione demoniaca, carica di follia e di violenza. 
"SIETE STATI VOI MINUSCOLI MORTALI A RICHIAMARE IL BERSERKER? RISPONDETE, SE VI E' CARA LA VITA!" 
"Andiamo", fa Lapo, scotendo l'amico paralizzato dal terrore.
I due raccolgono la scatola e l'ampolla blu e scappano verso Via Por Santa Maria.





"FERMATEVI, DANNATI, O VI ANNIENTO!", grida l'incredibile statua vivente scendendo dal basamento.
Intanto, attirati dal clamore, si erano fatti vivi tre poliziotti del Bargello, armati di picche e di spade. 
"Non muovere un altro passo, mostro sputato dall'Inferno. In nome del podestà ti dichiaro in arresto", recita uno dei bargellini. 
Ma l'essere non sembra temerli: due vengono scaraventati contro un muro e l'altro va a finire in Arno. Dopo che si è liberato di quelli che per lui erano solo fastidiosi moscerini, il simulacro di Marte si incammina verso il centro della città, all'inseguimento dei ragazzi. Il suo passo è lento ma inesorabile; la gente fugge urlando appena lo vede; qualcuno sviene. Il mostro non ha pietà: schiaccia e calpesta chiunque trovi sulla sua strada. Il cielo si fa sempre più scuro; le nuvole nere cariche di pioggia e i fulmini disegnano un inquietante gioco di luci e di ombre sulla tremenda faccia di pietra.





Lapo e Baldo si sono rifugiati in un vicolo a riflettere sull'accaduto. 
"A quanto pare quel mago, Guidobrando, è riuscito a imprigionare nella statua di Marte, ripescata dal fiume da Carlo Magno, uno spirito malvagio che aveva impossessato anche Attila. Il liquido dell'ampolla rossa, forse un veleno, ha risvegliato questo demonio che ora semina il terrore per le vie di Firenze. La pergamena diceva che la sostanza nella bottiglietta blu l'avrebbe ucciso. Così.." 
"Così... non resta che lanciargliela addosso!", conclude Baldo. 
"UUUUAARRRRGH! VENITE FUORI, VERMI!" 
"Ci siamo... Fai tu, Baldo. Non sbagliare mira o siamo perduti!" 
I giovani escono allo scoperto, a pochi passi dall'essere. 
"E' GIUNTA LA VOSTRA ORA, MALEDETTI!", grida il demonio. 
"Vai, Baldo!" 
La bottiglietta compie una parabola in aria diretta verso la testa della scultura, ma il mostro, all'ultimo istante, riesce a schivarla. 
"AH AH AH! STAVOLTA LA MAGIA DI GUIDOBRANDO NON HA FUNZIONATO, MOCCIOSI! E SARETE VOI A PAGARNE LE CONSEGUENZE!"





I ragazzi non hanno scampo: con le spalle al muro attendono la loro fine. "E comincia anche a piovere!", commenta Lapo con amara ironia. 
Come d'incanto la creatura si irrigidisce lanciando sinistri scricchiolii. La sua pelle di pietra si ricopre di screpolature. Poi l'effigie di Marte torna quella di prima, com'era stata da sempre.
Altri bargellini hanno intanto raggiunto Lapo e Baldo. 
"Tutto bene, ragazzi?" 
"Sì, ma c'è mancato davvero poco" 
Mentre le guardie sollevano la statua per riportarla all'antico basamento i due amici si avviano verso casa passando dai Lungarni. 
"Che ne dici, Lapo?" 
"Penso che sia stato merito dell'acqua. Ricordi la pergamena? Per colui così lontano dalla purezza la sostanza di vita nel vetro blu sarà causa di morte, e cosa c'è di più puro e vitale dell'acqua? La pioggia lo ha fatto tornare nell'oblio. Speriamo per l'eternità". 
"E dello scrigno che ne facciamo?" 
"Dallo a me!"
E lo getta nel fiume.

FINE
 



Addenda

Ecco quanto c'è di vero nella storia di Lapo e Baldo: la statua posta all'imboccatura del Ponte Vecchio fu travolta dalla piena del 1333 (forse non era di Marte ma di un re Goto); Dante, che fu priore della città, credeva che portasse sfortuna; Buondelmonte dei Buondelmonti fu ucciso da Oddo Arrighi fra il Ponte Vecchio e Por Santa Maria; il fatto della distruzione di Firenze da parte di Attila (così come della ricostruzione per opera di Carlo Magno) è una leggenda; i bargellini erano i "poliziotti" della città e la loro "centrale" era il Palazzo del Bargello, sede del Podestà. Il resto è tutta fantasia!
Un'ultima curiosità: il berserker, nella mitologia nordica, è un guerriero impossessato da uno spirito malvagio e distruttore.

Francesco Manetti

giovedì 29 novembre 2012

L'OGGETTO MISTERIOSO: UN'AVVENTURA DI LAPO & BALDO, RAGAZZI MEDIEVALI

di Francesco Manetti


Vi propongo un raccontino, il pilota di una serie di avventure per ragazzi che non è mai partita. Lo scrissi nella seconda metà degli anni '90 (a leggerlo oggi è sicuramente un po' troppo "ottimista"). Prima d'ora l'avevo pubblicato solo su un mio artigianale sito web, Comicsandpolitik, ora caduto in disuso, e nelle note della mia pagina Facebook. (F.M.)



Le avventure di Lapo e Baldo, ragazzi medievali
L'OGGETTO MISTERIOSO 

Un branco di antilopi, come tutte le notti, dorme nei pressi del grande corso d'acqua, che a tratti si allarga formando acquitrini e paludi. Un maschio adulto, agile e robusto, monta di guardia contro i predatori. D'un tratto l'animale drizza le orecchie e alza lo sguardo al cielo, con un'espressione di terrore negli occhi. Una palla di fuoco sta piombando giù dalle stelle a velocità folle. Un poderoso grido di allarme e le bestie si scuotono dal torpore per allontanarsi a grandi balzi. La sfera ardente precipita a terra con un boato scavando un cratere e sollevando un'immane nube di polvere. Poi torna il silenzio e le creature della vallata pian piano si acquietano.





Un milione di anni dopo sorge in quel luogo la ricca città di Firenze, importante tappa per le centinaia di migliaia di pellegrini che da tutta Europa si recano a Roma per celebrare il primo Giubileo. Fa già caldo in quel pomeriggio di fine marzo del 1300 quando Lapo e Baldo, due amici e figli di benestanti commercianti in stoffe, stanno attraversando il ponte di Santa Trinita per andare in Oltrarno a vedere i lavori di costruzione delle nuove mura.
"Uffa, Lapo, essere giovani in questa città sta diventando sempre più uggioso. Gli adulti non pensano ad altro che alla politica. Guelfi e ghibellini, bianchi e neri: chi ci capisce più niente?"
"Davvero! Oppure si danno da fare per organizzare il pellegrinaggio. Ora va di moda la scusa dell'indulgenza plenaria promessa dal Santissimo Padre Bonifacio a tutti quelli che vanno a visitare le chiese dei Santi Pietro e Paolo a Roma."
"Sì, bella penitenza. Il tutto si risolve in quindici giorni di mangiate e bevute nelle hostarie dell'Urbe. Noi invece dobbiamo restare qua, tutte le mattine a scuola. Oggi si legge, domani si studia l'abbaco, poi si rilegge e si ristudia l'abbaco. E tutto a memoria, sennò son bacchettate. E..."





"Baldo! Guarda là!"
"Uh... cosa?"
"Là, in riva all'Arno, dove i garzoni dei carpentieri scavano il materiale per le mura"
"Sì... e allora?"
"Non vedi qualcosa che brilla?"
"Uhm... No, non mi sembra... Aspetta... Sì! Lo vedo anch'io! Cosa sarà?"
"Non lo so. Scendiamo"
Lapo e Baldo, attratti dal misterioso luccichio, raggiungono l'argine del fiume e vanno giù. In quel momento non c'è nessuno. Gli operai sono andati a portare l'ennesimo carico di terra per il tratto di cinta muraria alle spalle di San Frediano. In fondo a una buca fangosa qualcosa fatto di metallo lancia sinistri bagliori. Aiutato da Baldo, Lapo si cala nello scavo per rimuovere lo sporco che ricopre quasi del tutto lo strano oggetto.
"Ehi, Lapo! Cos'è?"
"Non lo so. E' una sfera metallica lucentissima. Sembra argento, ma non ho mai visto niente di così liscio. E' grande come la palla di stracci che ci ha fatto tuo padre per giocare".
"Ce la fai a sollevarla?"
"Ora ci provo. Mmm... sì, non è molto pesante, poche libbre."
"Passamela, che poi ti tiro su."





Coperta la palla con un fazzoletto i ragazzi decidono di portarla dal loro maestro, Brunetto Cavalcanti, un uomo di scienza dalle larghe vedute con una delle più vaste biblioteche di tutta Firenze: cento libri, fra letteratura, filosofia, medicina, matematica, astrologia, chimica e retorica. Arrivati alla seconda casa di Via Vacchereccia, Lapo bussa a un portone di legno scuro.
"Chi è"?
"Siamo Lapo e Baldo, signor Maestro. Abbiamo da farle vedere una cosa."
"Dovreste essere a casa a ripassare l'algorismo invece che stare a zonzo", risponde una voce mentre scatta il meccanismo della serratura.
"Signor Maestro", dice Baldo, "siamo sicuri che quello che le mostreremo è più interessante di un pomeriggio passato fra i numeri".
Detto ciò Baldo svela la sfera lucente, ancora in parte coperta di fango. Il maestro la prende fra le mani e la rigira meravigliato.
"Venite a prendere una focaccia salata che intanto ripuliamo un po' quest'affare. Dove l'avete trovato?"
"Dalle parti del ponte Santa Trinita", dice Lapo, "sulla riva dell'Arno, dove estraggono la terra per le mura".
"Ah, sì. Sono più di dieci anni che vanno avanti questi benedetti lavori. Ce la faranno a finirli per il prossimo Giubileo?"
L'abitazione del maestro Cavalcanti è situata in una vecchia torre. Le scale e la cucina sono buie, ma lo studio, con le sue due finestre sempre ben pulite, è illuminato ottimamente.





"Uhm... sembra che qui ci sia scritto qualcosa... qualcosa di inciso finemente in questo splendido metallo", dice il maestro mentre spolvera via le incrostazioni terrose dall'oggetto. "Tre lettere e quattro numeri: E, S, A, 2, 0, 6, 5. C'è anche uno strano simbolo... sembra uno stendardo. Un rettangolo con un cerchio di stelle".
"Cosa può essere, signor maestro?", fa Baldo.
"Ancora non lo so. Mi ci vorrà un po' di tempo. Tornate fra qualche ora e vi saprò certamente dire di più".
Dopo esser stati a vedere i lavori per le nuove mura di Firenze, Lapo e Baldo si incamminano di passo svelto verso la casa del Cavalcanti. Sono eccitatissimi. Non stanno più nella pelle per la gran voglia che hanno di conoscere il segreto dell'oggetto misterioso. Giunti in Via Vacchereccia il maestro sta già alla finestra ad attenderli.
"Presto, ragazzi, salite!", grida ansioso.
I due amici si guardano con un'espressione fra il sorpreso e lo sconcertato: cosa può aver turbato così un uomo tutto d'un pezzo qual'è il loro maestro? Divorati dalla curiosità, fanno le scale a tre gradini per volta ed entrano trafelati in casa di Brunetto che sta ad aspettarli seduto vicino al tavolo di cucina su cui ha poggiato lo strano oggetto sferico.
"Ragazzi", dice il maestro "voi certamente sapete come viene comunemente chiamato un miracolo fatto senza invocare il nome d'Iddio..."
"Sì, stregoneria!", risponde Lapo
"Ce l'hanno ripetuto mille volte in Chiesa", aggiunse Baldo "e ci hanno detto che è peccato anche solamente parlarne. Chi si prodiga in questo genere di pratiche finisce male".
"Certo, certo", riprende il Cavalcanti "ma se a fare qualcosa di prodigioso è un oggetto come questo, si può forse parlare di magia nera?"
"Mah... non sappiamo... non crediamo... forse...", balbettano all'unisono i due giovani.
"Prima di tutto: sapete chi è Re Edoardo?", chiede il maestro.
"Certo", risponde Baldo, "è il sovrano di Anglia. Ce l'ha insegnato lei."





"Bene", fa Brunetto ", e sapete anche che la lingua parlata dai sudditi di Edoardo, l'inglese, è diversa dalla nostra che viene dal latino. Vi ho letto qualche pagina originale delle Historie di Arturio e dei suoi Cavalieri della Tavola Rotonda alla ricerca del Santissimo Calice, storie che poi vi ho tradotto in fiorentino. Ora vedrete qualcosa di strabiliante e sentirete risuonare frasi pronunciate in un idioma simile a quello di Edoardo. Non abbiate paura: non vi accadrà niente. Dovete però giurare su tutto ciò che avete di più caro che non direte mai niente a nessuno di quanto osserverete qui."
"Lo giuriamo", dichiarano solenni, e un po' divertiti, i due ragazzi.
Il maestro, allora, sfiora l'oggetto nel centro del cerchio stellato e un'incredibile melodia che sembra provenire da un altro mondo si diffonde nella stanza. Poi, sopra la misteriosa scritta forgiata nel metallo, si apre uno sportellino e ne esce quello che sembra un occhio perfettamente rotondo. Ne scaturisce un raggio di luce e sospeso a mezz'aria appare un volto d'uomo. Baldo e Lapo fissano increduli l'immagine bloccati da una sensazione che sta a cavallo fra il terrore e la meraviglia. Il volto inizia a parlare in una lingua bizzarra che assomiglia, come diceva Brunetto, a quella di Edoardo, ma con una tonalità diversa. Mentre la voce continua appare un'altra immagine, una carta geografica dove si riconoscono i confini di Italia, di Hispania, di Franza, dell'Anglia e di tante regioni in parte sconosciute. Il disegno è perfetto e sembra quasi come se qualcuno, per tratteggiarlo, sia salito in cima a una torre altissima oppure sulla schiena di un'aquila (o su un manico di scopa, pensano rabbrividendo i ragazzi).





Sull'immagine appare un vessillo blu recante sopra un cerchio formato da trenta stelline gialle: identico a quello inciso sulla sfera d'argento, ma a colori. Poi la carta geografica si allarga sempre più: ora si vedono i confini d'Africa e poi tanto altro ancora finché non viene un globo ricoperto di mari e di terre che si mette a ruotare. Questo diventa sempre più piccolo e lontano. Appaiono altre nove palle che si mettono a girare attorno a un corpo fiammeggiante. Poi, anche questa immagine si allontana e prende il suo posto un vortice nero d'immane potenza. La sfera argentata vi si precipita dentro.
Si vedono ora enormi costruzioni, strade larghissime dove migliaia di persone camminano strisciando lungo ai muri per lasciar passare carri di metallo velocissimi. Il cielo è azzurro e la gente sembra felice. D'un tratto riprende la melodia iniziale, l'occhio rientra nell'oggetto e poi cala un silenzio di tomba su Lapo, Baldo e il loro insegnante.
"Beh, ragazzi, che ne pensate?"
"Oddio, oddio, oddio...", fa Lapo, senza riuscire a dire altro.
"Maestro! Cos'era quella roba? Cosa diceva la voce?", prorompe Baldo.
"Calma, ragazzi, non c'è niente da temere. Questo oggetto l'abbiamo fatto noi. Viene da Firenze!"
"Da Firenze?", chiede Lapo, che sembra aver ritrovato la parola, "Ma io non ho mai visto niente di simile! E nemmeno ne ho sentito parlare!"
"Certo", dice il maestro, "perché viene da Firenze come sarà soltanto fra 765 anni. Vedete questa cifra incisa qui? E' una data! 2065. A quanto pare i nostri successori contano ancora gli anni secondo il nostro calendario Giuliano".
"Ci sta dicendo che quella sfera viene... dal futuro?"





"Precisamente. Da quello che sono riuscito a capire dello strano dialetto anglio della voce, l'oggetto, chiamato 'sonda spaziale', è stato lanciato in cielo da una 'base' posta a nord di Firenze il 3 agosto 2065. La base apparterrebbe alla ESA che significa 'agenzia spaziale europea'. Lo scopo del lancio era quello di entrare in un 'buco nero' per scoprire cosa c'è aldilà... La voce, la melodia e le immagini sono un messaggio per eventuali 'extraterrestri'..."
"Extra... che?"
"A quanto pare la 'Terra' è il mondo su cui viviamo, ed è molto più grande di quello che crediamo oggi, a forma di palla e vagante nei cieli. Ruota, insieme ad altri 'pianeti' intorno al Sole. Nel 2065 gli uomini della Terra saranno ben 10 miliardi. Gli 'extraterrestri' sarebbero esseri viventi di civiltà non appartenenti a questo mondo, ma ad altri mondi. Tutte quelle meravigliose immagini che abbiamo visto servono a indicare agli extraterrestri, in modo semplice e comprensibile, dove viviamo noi. Quel vortice che avete visto è un buco nero. Per molti sapienti del futuro rappresenta un ponte per altri luoghi. Ci aspetta un domani fantastico, ragazzi!"
"E come ha fatto questa... 'sonda' a tornare indietro nel passato? Cioè, coloro che l'hanno costruita nasceranno fra molti secoli... eppure l'oggetto è qui davanti ai nostri occhi. Come si spiega? E per quanto tempo è rimasta sepolta in riva all'Arno? E poi..."





"Basta, basta... quante domande, figliolo! Ci sono più cose in cielo e in terra di quante possa pensarne la nostra filosofia, Lapo. Tenete: riportate quest'oggetto fantastico nella buca dove l'avete trovato e ricopritelo bene. Oggi abbiamo imparato molte cose che nessuno osa nemmeno sognare. Accontentiamoci e custodiamo nella nostra mente questo segreto. Andate. Ci vediamo domani a lezione".
I due ragazzi salutano il maestro e si dirigono con l'oggetto verso la riva dell'Arno per poterlo restituire all'oblio da cui è giunto. Non dimenticheranno mai l'esperienza vissuta e da oggi guarderanno sotto un'altra ottica il mondo in cui vivono.

FINE

Francesco Manetti