di Francesco Manetti
ATTENZIONE!
Questa quinta parte è l'ultima della mia personale cronologia dei "fumetti della fogna" che verrà pubblicata su "Ultimo istante". La parte conclusiva - quella che si doveva occupare degli ultimi sei numeri della "Voce della Fogna" - potrà essere unicamente letta sul libro "Fumetti e acciaio" (in corso di pubblicazione per i tipi di Amazon), dove la suddetta cronologia apparirà nella sua veste corretta, integrata, completa e definitiva. (f.m.)
"LA VOCE DELLA FOGNA" E I SUOI FUMETTI - nn. 21/25 - 1979/1980
Per nove anni, fra il dicembre del 1974 e il novembre del 1983, venne pubblicata a Firenze da Marco Tarchi e da un gruppo di suoi giovani collaboratori una fanzine politico-goliardica che fu provocatoriamente battezzata “La Voce della Fogna – giornale differente”, con l'ovvio riferimento polemico allo slogan antagonista che andava di moda allora e che recitava - cantilenato nelle piazze e nei cortei o stampato su manifesti, cartelli e tazebao - Fascisti, carogne, tornate nelle fogne. In tutto uscirono 31 numeri in bianco-e-nero, spillati e con foliazione e periodicità varia, dove gli interventi seri di riflessione ideologica (che facevano riferimento alla corrente europea della Nuova Destra) si alternavano a recensioni librarie, cinematografiche, televisive e musicali, alle rassegne-stampa, a racconti allegorici sulla situazione sociale italiana, a saggistica varia, a tanta satira di costume e politica. E c'era anche tanto fumetto alternativo "di destra", di produzione italiana oppure in traduzione, soprattutto da riviste francesi e belghe. Il Ratto Nero che appare sulla cover del n. 1, intento a uscire dalle fogne, ideato dal fumettista e cantautore transalpino Jack Marchal, diventa la mascotte della rivista - tanto era importante il fumetto per i suoi curatori.
Sul giornale “La Voce della Fogna” si è detto e scritto tanto, nei decenni, in programmi e pubblicazione di ogni riferimento politico; la "destra ufficiale" del MSI di Almirante ha guardato spesso con sospetto alla rivista guidata dal Tarchi; alcune copie (o la loro riproduzione scenica) appaiono persino in una sequenza del film Sangue sparso (Emma Moriconi, 2014), che racconta la strage di Acca Larentia (gennaio 1978) vista da destra.
Lo stesso ideatore/direttore/capo è ritornato più volte sull'argomento, in interviste scritte (come quella rilasciata a Nicola Rao nel 2008, per il libro "Il sangue e la celtica" della Sperling & Kupfer) e filmate (come nel documentario "Nero è bello", curato da Giampiero Mughini e trasmesso da RAIDUE nel 1980) e soprattutto nelle introduzioni e nelle note alle due ristampe complete della serie – la prima uscita nel 1991 (copertina rossa, esauritissima e introvabile) e la seconda datata 2019 (copertina nera, delle Edizioni La Vela di Viareggio), dove Tarchi rivela anche molti dei veri volti che all'epoca si celavano dietro pittoreschi pseudonimi.
L'omnibus del 2019 è proprio quello su cui ci siamo basati per stilare la nostra "cronologia ragionata" in sei puntate (questa è la quinta) e per trarre parte delle illustrazioni del corredo iconografico (qui usate con l'unico intento di documentare visivamente e far meglio comprendere le nostre parole).
La nostra “cronologia ragionata” si occupa quasi esclusivamente dell'aspetto fumettistico del periodico, non tralasciando di menzionare quanto fu scritto sulla "Voce della fogna" a proposito del cinema e della letteratura "di genere" (soprattutto fantascienza e fantasy): è quello infatti che a noi compete, è quello di cui ci siamo sempre occupati fin dal 1988, a partire dalle colonne della fanzine "Collezionare".
Sul foglio fiorentino il testo scritto, il “piombo”, lasciava infatti spesso il campo al fumetto e alla vignetta (o alla striscia) umoristica di stampo “classico”. Del resto, proprio nella già citata intervista televisiva del dicembre 1980, Marco Tarchi, seduto con Giampiero Mughini nello storico Caffé Rivoire di Piazza della Signoria a Firenze, con le copie della VDF (erano usciti fino ad allora 25 numeri) sparpagliate sul tavolino, diceva riguardo all'importanza del “linguaggio fumetto”:
Fin dal primo numero noi cominciammo a pubblicare delle pagine di fumetti, perché riteniamo che abbiano una portata immediata nella comprensione di certi messaggi nei confronti del mondo giovanile.
n. 21 - novembre 1979 ("Gramsci mi è stato utilissimo")
Ultimo numero degli anni '70. Copertina di Jack Marchal, davvero strepitosa, anche come costruzione artistica, quasi "futurista": sullo sfondo di una pagina di giornale che parla di Alain de Benoist e del suo progetto "gramsciano" di egemonia culturale per la Nuova Destra appare un dubbioso Enrico Berlinguer, segretario del PCI. Il fatto che il vecchio sardo Gramsci sia stato utilissimo a De Benoist e alla Nuova Destra conferma al sardo più giovane che di "quel tipo non ci si doveva fidare", proprio come gli aveva detto Togliatti, del quale fu pupillo.
Da notare che il n. 21 esce quasi un anno dopo il n. 20 e che questa è l'unica comparsata della "Voce della Fogna" in tutto il 1979. Il mistero di questa "sparizione" della rivista per 11 mesi di fila viene rivelato nell'interno, e non ha a che fare con attentati o altro: il "kapo" (ovvero Tarchi) era impegnato nel servizio militare! E infatti, firmandosi Miles Gloriosus, stila un divertentissimo pezzo intitolato Avanti... marsch! sulla naja vista da destra.
Dissacrante e spassosissima la striscia intitolata Gli alleati firmata Marchal! Papa Giovanni Paolo II, il polacco Karol Wojtyla salito al soglio pontificio nel 1978 dopo la morte di Luciani, chiede a una bambina che cosa vuol fare da grande; quando la ragazzina gli dice "la prostituta", il papa si scandalizza; ma era un fraintendimento perché il Vescovo di Roma aveva capito "protestante"! Vista l'origine d'Oltralpe della striscia notiamo che la battuta regge benissimo in italiano come in francese.
La tavola autoconclusiva Sogni d'Oriente non è firmata ma, a vedere dallo stile, sembra doversi ricondurre al francese Rémi; siamo nell'Iran della rivoluzione socialista e islamica e la città è tappezzata di manifesti con il faccione di Khomeini; un gruppo di "compagni europei" va in visita nel Paese; tra questi c'è una donna che nel vedere come sono trattate le sue omologhe si mette a piangere.
Con un tratto molto simile a quello di Andrea Pazienza - all'epoca colonna di "Cannibale" e del "Male", nato nel 1956 a San Benedetto del Tronto nelle Marche - ecco una divertente auto-pubblicità del cantante e disegnatore Michele Di Fiò, pure lui marchigiano classe 1956; era appena uscito il suo secondo LP, Cervello. Di Fiò, il cui vero cognome era Logiurato, scomparve prematuramente nel settembre 2013. "Il Secolo" ne fece un'ottimo ritratto, che qui riportiamo integralmente:
Adesso Michele saprà cosa c’è ad un passo dal cielo, come cantava nelle sue canzoni. Michele Di Fiò, cantautore che ha accompagnato la generazione ribelle della destra negli anni Settanta, ci ha lasciati sabato. Era nato il 7 aprile (e proprio “Aprile” si chiama una delle sue più belle canzoni) del 1956. Era di San Costanzo in provincia di Pesaro. Il suo cognome era Logiurato, ma aveva scelto il nome d’arte di Di Fiò in omaggio alla moglie che si chiama Fiorenza. Professionalmente aveva iniziato la sua attività verso il 1973, suonando nei piano-bar e nei locali. Fu uno dei primi cantautori alternativi solisti di destra. Iniziò a farsi conoscere, fece provini alla Rca, ma pur essendo bravo e dotato di talento, Michele aveva un grosso handicap: quello di non appartenere alla parte politica “giusta” per fare carriera. Sì, perché come molti altri suoi colleghi dell’epoca, da Fabrizio Marzi alla Compagnia dell’Anello, dagli Amici del Vento agli Zpm, Michele Di Fiò era uno di quelli che, se non fossero stati “fascisti”, sarebbero diventati famosi. Insomma, penalizzati dalla fede. Ma lui non ne voleva sapere, e come dichiarò in un’intervista, era contento che le sue canzoni avessero fatto da colonna sonora a una generazione di “cuori neri” suoi coetanei. Non si mise d’accordo con la Rca per non dover modificare le sue canzoni e sottoporsi alle leggi omologanti del consumismo. Tentò di fare da solo, fondando una casa discografica ed editrice, La Mosca bianca, che ebbe per alcuni anni un certo successo nell’ambiente dei giovani missini. Ma prima, nel 1977, dopo essere andato al Campo Hobbit I, esce la sua prima raccolta autoprodotta, “Seveso e no”, dove oltre ai temi politici si affrontano anche quelli ambientali o semplicemente esistenziali. Nel 1978 esce il suo Lp “Ad un passo dal cielo c’è…”, e nel 1979 “Cervello”, per molti il suo Lp più convincente, con il quale arriva ai primi posti nella speciale classifica della manifestazione “Centocittà”, organizzata da moltissime radio libere italiane. E questo era un successo di cui Michele andava molto fiero, poiché si confrontava con cantautori “normali” e commerciali. Con il suo 45 giri “Rock” inaugura “La Mosca bianca”, del 1980. Il retro era la stupenda “Italia”, il brano che Michele volle dedicare ad Alberto Giaquinto e alla sua storia: “… le auto bruciate e le mani, una piazza sepolta da mille bandiere… oggi è morto un fratello, domani saremo più forti”. Nel 1981 l’ultimo Lp, “Cavalcare la tigre”, che ebbe ugualmente un grande successo, sia pure “underground”, ossia limitato all’ambiente dei giovani del Fronte della Gioventù. Il suo stile era melodico ma nello stesso tempo arrabbiato, era molto bravo con la chitarra, affrontava non solo temi strettamente politici ma nelle sue ballate parlava di amore, di aborto, di società, di femminismo, di emigrazione, di decadenza del sistema (“è la tua condanna a morte, cara vecchia società…”) ma soprattutto di speranza. Il suo più grande cruccio, come ci racconta Fabrizio Marzi, che lo conosceva bene, fu sempre quello di essere stato lasciato solo dalle strutture del partito, l’allora Msi, i cui dirigenti non ebbero la lungimiranza per capire di quale utilità sarebbe stata la creazione di un circuito musicale giovanile alternativo, con tanto di casa discografica, riviste e quant’altro. Chi lo capì, ma non fu ugualmente ascoltato, fu Teodoro Buontempo, che con la sua Radio Alternativa causò un epocale cambiamento nel costume giovanile missino e che, se appoggiato convenientemente dal partito, avrebbe cambiato anche l’incidenza dei missini nella società. Ma, come dice Michele, è veramente difficile cavalcare la tigre…
“Era un poeta, un ragazzo pieno di iniziative di idee”, dice ancora Fabrizio Marzi: “Lo conobbi ad Acireale, a uno spettacolo che facemmo al teatro Maugeri, rimasi colpito dalla sua determinazione e dal suo entusiasmo…”. “Ci siamo sempre sentiti – ricorda ancora l’autore di “Zoo” – , ma lo rividi nel 1995, alla festa nazionale del Secolo d’Italia a Rieti, a un interessante convegno sulla musica alternativa. Lui comunque era estremamente deluso da tutto il nostro mondo politico…”. Nel 2007 Michele Di Fiò in un’intervista, fece una lucida e forse profetica analisi su gran parte del mondo post missino: “Politicamente la sinistra ha sempre aiutato, promosso e pagato artisti della loro area; per quanto riguarda la destra è stato solo un problema di soldi o per non esporsi, o per che cosa? La Destra (…) non è abituata alle grandi cose, salta fuori solo al momento opportuno quando c’è qualcosa da prendere. Qualcuno pensa ancora che la maggioranza di questi sta su quel carro per la Fede? No, c’è sempre, sempre un tornaconto, basta cercare e lo si trova. Per questo è importante essere liberi, non essere costretti”. Di questa sua autentica rabbia restano oggi le sue canzoni, i suoi versi, la sua sensibilità che arricchirono la musica alternativa accompagnando nei suoi sogni la generazione degli anni di piombo. Viveva in campagna, con la sua adorata famiglia, la moglie Fiorenza e le sue figlie Valentina e Debora, diceva di non rimpiangere nulla e di aver avuto una vita felice. “Posso dire che nella vita ho fatto esattamente ciò che ho voluto, non ho mai timbrato cartellini e non sono mai stato a busta paga di nessuno. Penso di avere vissuto una esistenza libera e senza condizionamenti”, disse nell’intervista citata. Se a lui è rimasta la rabbia di non aver avuto abbastanza da un certo mondo politico, è vero però che quella comunità umana alla quale lui apparteneva ha avuto moltissimo da lui, e lo ringraziamo con le parole della sua canzone forse più bella, “Italia”: “Il tuo ultimo bacio ed un ciao…”.
Torna "Il rammollito" di Rémi, con i suoi topastri bianchi: uno di loro, per finanziare il movimento, vorrebbe lanciare una "falsa sottoscrizione per innalzare un monumento a... Adolfo e Benito". Il fatto che ci siano dei ratti nel fumetto di Rémi è una sorta di omaggio a "Les Rats Maudits", i Ratti Maledetti e Neri di Jack Marchal; nella versione originale il “rammollito” è “Le Rat Molli”, ovvero “il topo molliccio”, ma suona come “ramolli”, cioè “rammollito”, per l'appunto; "Le Rat Molli", inoltre, si pronuncia in francese quasi come "Les Rats Maudits" ("le ra-molì" e "le ra-modì"); a
riprova della vicinanza culturale e artistica dei due vignettisti
nel 2009 esce in Francia per i tipi di Auda Isarn il
volume
(oggi introvabile) Casques
à cornes et manches de pioches,
con la raccolta completa delle strisce di “Les Rats Maudits” e
“L'Histoire de la civilisation” di Jack Marchal, di “La Bande à
Balder” di Rémi e di “Auda” di Diocletien.
Una vignetta con il Ratto Nero di Marchal illustra "i misfatti della Nuova Destra": come azione di "biopolitica" il Nostro piscia dentro il Tevere!
Ancora Rémi con la tavola autoconclusiva La storia in controluce: Bumedien, dittatore dell'Algeria dal 1965 è in fin di vita all'ospedale e i dottori stanno discutendo se staccare o no la spina; forti sono in loro le remore religiose; ci penserà una donna delle pulizie, che proprio in quella presa doveva collegare il suo aspirapolvere. La tavola è del 1978: Bumedien morì infatti nel dicembre di quell'anno, dopo oltre un mese di coma.
Tomaselli mette in scena nella sua consueta colonna l'agente infiltrato con gli occhiali da sole, il contestatore di sinistra e il radicale di destra - che, nella battuta finale ("l'ultimo spenga la luce"), riporta un cliché della politica usato dai conservatori britannici negli anni settanta e poi rispolverato nel 1989 alla caduta del Muro di Berlino, e così via.
Di nuovo Rémi con "La banda Balder", versione italiana di "La Bande à Balder": l'accampamento dei "vichinghi" identitari europei è sotto attacco da parte dei "democratici"; si nota, in questa tavola datata aprile 1979, una certe evoluzione nello stile e un tratteggio più sicuro e raffinato rispetto alle pubblicazioni precedenti.
Nella rubrica "In ascolto" appare un'entusiastica recensione del numero doppio 5/6 (settembre 1979) di "Dimensione cosmica", prozine che sfoggiava tantissimi nomi della cultura legati in qualche modo al fantasy, alla fantascienza, alla tradizione e alla letteratura di genere in senso lato: Cardini, Pagetti, De Turris, Fusco, De Anna, Tarchi, Lippi, etc. Se ci consentite una civetteria personale, possiamo dire di averne conosciuti diversi, di questi straordinari nomi, e di uno di essi (Giuseppe Lippi), possiamo vantarci addirittura di essere stati amici (seppur per breve tempo)...
Chiude i fumetti del n. 21 una colonna firmata Bardamu, pseudonimo di Manlio Triggiani, con riferimento al protagonista del romanzo autobiografico Viaggio al termine della notte di Céline; e infatti il barbuto personaggio della striscia dice che Céline, Drieu, Spengler e Nietzsche erano tutti "comunisti a loro insaputa" e che qualcuno "avrebbe potuto almeno avvisarli"; è un'eco dell'egemonia culturale gramsciana, per cui la sinistra tende ad avocare tutto a sé, a maggior ragione quando si parla di cultura "alta"; Triggiani, classe 1955, dottore in giurisprudenza, è un noto giornalista a livello nazionale, esperto in favolistica e in letteratura di genere.
n. 22 - febbraio 1980 ("La sinistra perde l'egemonia intellettuale")
Primo numero degli anni '80, che vedranno purtroppo il diradarsi delle uscite e poi la fine della gloriosa rivista fiorentina; e anche al fumetto verrà purtroppo dato sempre meno spazio...
Copertina beffarda di Jack Marchal: la sinistra (incarnata in una scimmia) perde l'egemonia culturale, ma ritrova... l'autenticità; il quadrumane mancino si spulcia e si gratta allegramento seduto su un tomo, Che fare?; si tratta di un pamphlet politico scritto da Lenin agli inizi del XX secolo; la classe operaia russa, opportunamente guidata da rivoluzionari di professione importati dall'esterno, potrà compiere la rivoluzione tramite la formazione di un partito rivoluzionario.
Nella sezione "Ciak" della rubrica "Quando sento parlare di kultura" appare la recensione del film d'animazione Il signore degli anelli, girato dall'allora quarantenne Ralph Bakshi nel 1978; si trattava del grande regista di Fritz il gatto, vate del cartooning alternativo; per problemi legati alla produzione il sequel del film non fu mai realizzato e infatti quello del 1978 copre solo il primo romanzo e metà del secondo della trilogia tolkieniana; la tecnica usata era quella classica del rotoscopio, usata fin dai tempi di Biancaneve, per cui attori in carne ed ossa venivano filmati e la pellicola veniva ricalcata a mano su acetati posti su lastre di vetro, per dare l'effetto di un cartone animato molto, molto realistico; vediamo adesso cosa ne pensavano i redattori della "Voce della Fogna":
Tolkien in mano a Bakshi, ovvero come farsi dei nemici. (...) Le spade si sono incrociate, fra i sostenitori dell'animazione e i delusi della mancata comprensione: val più un Aragorn ciociaro o un Cavaliere da Guerre Stellari? La goliardica ridda di tipacci di Brea o il disneysmo di Barbalbero? Eppoi che dire del dramma di accenti e pronunce, con Smigol ed Eokin e i sibili svaniti di Gollum? Pure, in un prodotto da business hollywoodiano, non tutto è da buttare. E per un Gandalf che da grigio si fa bianco senza commento alcuno, quanti spiragli di vita offerti a occasionali spettatori? Quanti ammiccamenti del fascino della saga dietro le mille smorfie umane del viso di un Frodo pur più ometto che Hobbit?
Nella consueta tavola della serie "Il rammollito" di Rémi, i topastri bianchi discutono sul loro capo finito in galera per colpa di "un giudice compagno"; divertenti le allusioni alla Polonia e al Papa polacco.
La quarta parte di "Trama Nera" di Mister Misterius, che arriva dopo ben 14 mesi la pubblicazione della terza puntata (apparsa su n. 22 di fine 1978), viene spostata verso l'interno della rivista; ritornano i personaggi del Gruppo TNT bunkeriano - Alan Ford, Bob Rock e gli altri - usati come maschere per dissimulare i protagonisti della destra radicale ed extra-parlamentare degli anni '70.
Di altissimo livello la prima puntata in tre tavole del fumetto La via più breve verso il paradiso, firmato Prik, autore che si inserisce mirabilmente nella corrente della "linea chiara"; un giornalista di estrema sinistra dell'Europa occidentale, che nella versione italiana Ivan Piperno del quotidiano "Il nuovo mattino" (un'evidente parodia del giornalista e studioso Franco Piperno, uno dei fondatori di Potere Operaio), prende l'aereo per Berlino Est, con lo scopo di illustrare ai suoi lettori le delizie del paradiso socialista; troverà nella DDR una sorta di stato poliziesco, feroce ma grottesco, parodia comunista degli stati totalitari degli anni '30 e '40. Prik è lo pseudonimo di un fumettista belga di nazionalità fiamminga; i suoi lavori "militanti" sono apparsi prima su "Alarm", la rivista del Vlaamse Militanten Orde (VMO), e poi su "Haro".
La consueta striscia in colonna di Tomaselli parla dei 600 detenuti politici nelle carceri italiane, citando un'affermazione di Cossiga, per cui in Italia non vi sarebbero detenuti "politici". A fianco, divisa in tre vignette, ecco una striscia di "Hagar l'orribile", il vichingo creato nel 1973 dal fumettista americano Dik Browne (1917 - 1989). Due pagine dopo compare un'altra striscia del Tomaselli: l'agente segreto parla del "dissenso fascista" e il contestatore della destra radicale dichiara che i camerati finiscono nei gulag.
n. 23 - giugno 1980 ("Il terzo mondo ha bisogno di voi")
Cadenza bimestrale ormai archiviata ed ultimo numero con l'indicazione in copertina del mese di uscita. La copertina di Jack Marchal raffigura un uomo comune che fa il "gesto dell'ombrello" al Terzo Mondo.
Curiose e divertenti (anche se un po' troppo artigianali, "amatoriali" nella grafica e nel lettering) le strisce di "Nerone il più duro del rione" firmate Gollum; il protagonista è un'attivista di una sezione romana del MSI che partecipa ai Campi Hobbit, suona musica alternativa, e si occupa a modo suo di cultura e di sport.
Nella seconda puntata del fumetto La via più breve verso il paradiso dell'artista fiammingo Prik, l'atmosfera di Berlino Est si fa sempre più calda per l'ingenuo e tesdardo giornalista comunista Piperno, che proprio rifiuta di ammettere, di fronte all'evidenza, che la DDR è una dittatura pericolosa per tutti (e in particolar modo per i "compagni" occidentali); alcuni oggetti "non conformi" al regime presenti nella sua valigia (un dopobarba, una copia di "Playboy" e soprattutto il Libretto rosso di Mao) rischiano di farlo finire in gattabuia; per evitare ciò se la dà a gambe, continuando però a registrare sul suo magnetofono portatile commenti entusiastici e assolutori verso la DDR, i suoi sgherri e il suo famoso "muro della pace", paragonabile artisticamente alla Grande Muraglia cinese.
Ottima da un punto di vista grafico una striscia senza titolo, frammentata in quattro vignette diverse poste in diagonale sulla pagina; ci sono due elettori del MSI, di età diversa; quello vecchio si lamenta perché Rauti è troppo estremista mentre al giovane non va giù Almirante, da lui ripudiato un "commediante"; e così i due scontenti si tirano la zappa sui piedi votando... il radicale Pannella! La striscia è firmata AK80: si tratta con ogni probabilità del primo lavoro del disegnatore fiorentino Alfio Krancic per "La Voce della Fogna". Krancic è forse il più noto vignettista dell'area di "destra" in Italia. Leggiamone la biografia sul suo blog personale:
Alfio Krancic nasce a Fiume il 1° marzo 1948. Nel 1949 si trasferisce con la sua famiglia a Firenze. Trascorre la prima parte dell’infanzia in un campo profughi dove vengono raccolti i giuliani-dalmati, italiani esuli dalla Grecia e profughi provenienti da altri paesi europei. Nel ’54 lascia il campo profughi stabilendosi in una casa nei dintorni di Firenze. Krancic negli anni settanta, dopo un inizio satirico su giornaletti studenteschi ciclostilati, comincia a collaborare con periodici giovanili legati alla destra, come “Linea” diretto da Pino Rauti e “La voce della Fogna”, diretta da Marco Tarchi. Negli anni ottanta la passione per la satira diventa una vera e propria professione e inizia una lunga carriera su quotidiani nazionali. Nel 1988 pubblica su “La Gazzetta di Firenze”, nel 1990 su “Il Secolo d’Italia” e nel 1992 Vittorio Feltri lo chiama a “L’Indipendente” e poi nel 1994 a “Il Giornale”, dove tutt’ora pubblica una vignetta quotidiana. Krancic ha inoltre collaborato per la pagina fiorentina de “La Repubblica”, con “L’Italia Settimanale”, “Il Giornale di Bergamo”, “Il Corriere Adriatico” ed altre testate minori. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive sulle reti nazionali della RAI. Ha pubblicato cinque raccolte di vignette e una raccolta di racconti fantasatirici: Matite Furiose (1994), Titanic Italia (1996), Guerre stellari (1999), Scherzi d’Autore (2004), La grande invasione (2014).
Francesco Manetti e Alfio Krancic, a Firenze, nel 2017, a parlare di Disney e Mussolini... |
Nel 2017 chi scrive ha condotto insieme a Krancic, presso la sede del Rifugio del Ghibellin Fuggiasco a Firenze, una serata su "Disney e Mussolini".
Il contestatore di Tomaselli prende il posto dell'artista che lo ha creato e disegna nella striscia-colonna le inferriate di una cella del carcere, esempio lampante di democrazia all'italiana.
Riguardo a "Trama Nera", nel n. 18 del giugno 1978 Marco Tarchi aveva sperato "nel sopravvivere in qualche propaggine dell'ambiente di una briciola di senso dell'umorismo"; ciò evidentemente non era avvenuto, e due anni dopo il direttore chiude alla quinta puntata la controversa rubrica di Mister Misterius, dove quelli che lui chiama "camerotti" (camerati-galeotti) avevano usato i personaggi dell'universo di "Alan Ford" per raccontare "le tragicomiche vicende della nazionaleversione"; i virgolettati riportano le parole usate da Tarchi nelle due divertentissime introduzioni alla prima e all'ultima puntata di "Trama nera".
n. 24 - estate 1980 ("Figli dell'Impero")
Si tratta del primo numero della rivista a "cadenza stagionale" (con indicazione "giugno-luglio 1980" nel colophon interno). Appare qui l'ultima copertina realizzata dall'artista francese Jack Marchal per "La voce della fogna", il cui nero "ratto maledetto" aveva fatto per anni da mascotte; un bel Mussolini dichiara che strozzerà chiunque osi anche fischiettare Faccetta nera, visto che ormai l'Italia è popolata da 500.000 africani. Roma era ormai così poco "romana" nel 1980 che le era persino caduta la "R" dalla sigla SPQR (Senatus PopulusQue Romanus)!
Parlavamo di "rarefazione" del fumetto negli ultimi numeri della "Voce della fogna" e su questo n. 24 ci sono infatti solo tre appuntamenti fumettistici...
Secondo appuntamento con la quartina di strisce della serie "Nerone il più duro del rione" di Gollum; il nostro missino attivista di sezione si traveste per carnevale da "radical-chic", si trasforma in un Mr. Hyde ebreo bevendo succo di pompelmo israeliano Jaffa, corre più veloce della Celere come Superman correva più veloce della luce e trova una singolare pietra filosofale.
Nella sua striscia Tomaselli ci presenta il contestatore della destra radicale che fiuta a naso gli agenti infiltrati a causa dell'odore di... "digossina"; la digossina è un farmaco per il cuore, ma nel caso della striscia di Tomaselli il termine non viene usato in questo senso ma nasce dalla fusione fra DIGOS (Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali della Polizia di Stato) e "diossina", sostanza chimica letale, essendo ancora vivo nel 1980 il disastro di Seveso del 1976.
Nella terza e ultima parte del fumetto in nove tavole La via più breve verso il paradiso di Prik, grande artista fiammingo della destra radicale, viene finalmente rivelato il vero significato del titolo; il giornalista di estrema sinistra che era andato a Berlino Est per magnificare la vita della DDR è costretto a fuggire scavalcando il Muro, saltando in aria sulle mine e schivando i proiettili dei Vopos; annegherà però nella Spree e il giornale italiano per cui lavorava riporterà la notizia in un trafiletto: "Agente della CIA trovato annegato al Muro di Berlino"; aveva dunque raggiunto davvero il paradiso, passando per la via più breve!
Nella rubrica "In ascolto" si parla della rivista "L'altro regno":
No, non quello dei cieli (e degli inferi) al quale tutti siamo chiamati - che ci volete fare? Questa è nientedimeno che una rivista bimestrale di informazione libraria diretta da Martino & Morganti. Ma come, vi chiederete, una fetida concorrente del nostro "Diorama"? Non sia mai. Completamente dedicata alle attualità bibliografiche nel campo della fantascienza, fantasy, horror, mitologia, esoterismo, tradizione. "L'altro regno" vi propone un viaggio nel fantastico attraverso editoriali, recensioni, fanzines, le immancabili offerte librarie. Marchi di qualità assicurati: direttore responsabile Gianfranco De Turris, altri collaboratori di ottimo ordine. troppi da citare, ma se vi diciamo Avallone, Cersosimo, Croppi, Guidetti, Tarchi, Voglino, Volpe, per fessi che siete ne avete per capire.
n. 25 - autunno 1980 ("Satana fuorilegge")
Sulla copertina viene indicato "autunno 1980" come periodo di uscita, ma nel colophon interno il numero è datato più esattamente "settembre-ottobre 1980". Sulla cover non firmata ecco Satana in persona, colpevole della "strategia della tensione" e degli attentati esplosivi, con particolare riferimento ai fatti di Bologna del 2 agosto 1980, quando fu piazzata una bomba alla Stazione Centrale, la cui paternità, seppur incerta, è stata fin dall'inizio, quasi per dovere costituzionale, attribuita ai "fascisti"; il popolo chiede che questo demonio sia messo fuorilegge, esattamente come la sinistra voleva che fosse dichiarato fuorilegge il MSI negli anni '70.
Nella sezione "Ciak" della rubrica "Quando sento parlare di kultura" il film L'impero colpisce ancora, seguito di Guerre Stellari, viene impietosamente stroncato dai redattori, facendo un parallelismo positivo fra il primo film e Il signore degli anelli di Ronald Tolkien e un parallelismo negativo fra il secondo film e l'America guerrafondaia di Ronald Reagan:
Già. Di Ronald ne conoscevamo due. E se "Guerre Stellari" aveva preso in prestito dal primo, il vecchio e pacifico mago di Oxford, il profumo delle mille magie della fantastica Terra di Mezzo - per proiettarne gli effetti nel futuro più avanzato -, in questo seguito non riusciamo a trovare granché di più di una rancida muffa cowboy in salsa Reagan. Laddove il Lucas produttore-regista aveva saputo insinuare riferimenti di fantasia, il Lucas nuovo stile e il suo regista-golem piantano mostri meccanici e meri effetti di facciata. Sì, certo, resta un po' di divertimento neppure a buon mercato (dipende dalla visione), ma di saga neanche l'ombra. Dai goffi destrieri alle corse folli e sgraziate fra caccia spaziali e asteroidi, dall'avventuriero sbruffone riciclatosi in play-boy graduato dell'esercito ribelle sino alla principessa trasformata (senza una virgola di regalità) in elettricista - dama di compagnia - bambola a tempo perso spupazzata dal simpatico mascalzone di turno, tutto è trovata casuale, pacchianeria, plagio. Quindi, date retta e non fatevi incastrare: perché, una volta svelato il colpo ad effetto (sì: il nero e malefico eroe negativo è il padre del brufoloso giovane buono!) e mozzata da una spada-laser la mano destra - ma presto sarà trasferita a sinistra: prodigi della tecnologia stars-and-stripes! - un terzo polpettone è assicurato. Grazie, zio Sam: preferiamo l'altro Ronald e le plastiche magie colorate delle sue "Lettere a Babbo Natale"!
Beh, noi siamo sempre stati di diversa opinione e consideriamo il secondo capitolo della trilogia originaria di "Star Wars" un'ottimo film di fantascienza, seppur maggiormente "d'azione" e meno "poetico" rispetto al primo; e ci chiediamo se anche l'anonimo redattore di questa recensione, visto che "La voce della fogna" era una rivista gigliata, era in sala con noi, in quel settembre 1980, al cinema Gambrinus di Firenze...
Nella striscia di Tomaselli gli agenti infiltrati della DIGOS, i celerini e i magistrati si preparano ad affrontare le Brigate Rosse... mostrando il deretano, piegati a 90 gradi!
Ispirandosi a "Il Male" i redattori della "VDF" pubblicano una falsa e spassosa edizione del quotidiano del MSI "Il Secolo d'Italia". "Il Male" fu, fra il 1978 e il 1982, una delle più importanti riviste di satira politica nell'area di sinistra; grande spazio veniva dedicato al vignettismo e al fumetto, con autori del calibro di Vincino, Vauro, Pino Zac, Vincenzo Sparagna, Cinzia Leone, Tanino Liberatore, Andrea Pazienza, Stefano Tamburini, Filippo Scòzzari, etc.; dall'esperienza del "Male" nacquero prestigiose riviste alternative a fumetti come "Cannibale", "Frigidaire", "Frizzer", "Tempi Supplementari" e via dicendo; il falso "Secolo" fa riferimento ai falsi quotidiani, realizzati con stile impeccabile, che "Il Male" talvolta distribuiva in allegato; memorabile quello di "Repubblica", con Ugo Tognazzi (che si prestò allo scherzo per le foto) arrestato in qualità di capo delle BR!
"La storia della civiltà" di Marchal: una tavola dalla prima parte, La Genesi. |
Fra i più noti e più alti momenti fumettistici della "Voce della fogna" c'è sicuramente La storia della civiltà di Jack Marchal, della quale appare sul n. 25 la prima parte del primo capitolo, intitolato La genesi. Si tratta della traduzione italiana di un'opera di Marchal apparsa in Francia nel 1975, intitolata Histoire de la civilisation racontée aux enfants: ovviamente il riferimento ai bambini è puramente ironico, visti i numerosi ammiccamenti a un parco lettori adulto (uccisioni brutali, sesso, etc.). Nella satira di Marchal i pitecantropi che si sarebbero poi evoluti in Homo Sapiens erano fautori di un "comunismo primitivo; Adamo, il primo uomo evoluto e intelligente, esiliato dal paradiso comunista degli idioti scimmioni antropomorfi comunisti, usa per la prima volta nella storia un'arma (un osso di antilope) per uccidere uno di questi pelosi "compagni"; lasciato il paradiso comunista, Adamo trova Eva e si accoppia con lei "con impegno anticomunista" sognando di ribaltare tutti i vecchi valori dei pitecantropi (democrazia, idiozia e comunismo).
(fine della 5a parte)
Francesco Manetti