di Francesco Manetti
Premessa
Sul n. 157 di Comic Art, la rivista pubblicata dall'omonima casa editrice romana di Rinaldo Traini, uscito alla fine del 1997, pubblicai una doppia recensione: quella di un interessante libro americano dedicato agli UFO nella letteratura, nel fumetto, nel cinema, etc. pubblicato nel giugno dello stesso anno; e quella di un volume inglese dedicato agli "incontri ravvicinati" nella storia delle cinematografia. Con una scelta attuale di immagini e didascalie, mi piace riproporvela oggi - quindici anni dopo!- con tutte le sue ingenuità (per esempio l'esagerata ammirazione che avevo allora per le stelle-e-strisce) e i suoi arcaismi, soprattutto per quanto riguarda gli accenni e i consigli (!) per il web: proprio nel periodo in cui lo scrissi (autunno 1997) mi collegavo per le prime volte a Internet da casa mia. Si pagava il nodo un tanto al mese e si pagava la telefonata alla Telecom - chiamata ancora SIP, visto che il passaggio era avvenuto soltanto 36 mesi prima. Scaricare testi via modem era esaperante (non parliamo delle immagini, dei programmi o di qualsiasi altra cosa). Ci sembrava però di essere quasi come i protagonisti di Wargames. Era qualcosa di incredibilmente nuovo - e ALIENO! (F. M.)
Comic Art n. 157, dicembre 1997. |
Pop culture e fantascienza (dicembre 1997)
Gli Stati Uniti d’America sono una nazione giovane, addirittura “senza storia” secondo i canoni europei. Gli Americani, però, sono un popolo intraprendente e grazie alla “cultura popolare” si sono ricreati non solo un loro personalissimo “passato”, ma anche un’affascinante “mitologia” moderna. Nella pop culture americana il fenomeno dei dischi volanti non è mai stato preso troppo alla leggera. Chi ha l’opportunità di “navigare” per Internet, vero affresco post-moderno di tutte le suggestioni della nostra epoca, potrà facilmente rendersi conto, entrando in “siti” USA, della grandissima mole di informazioni riguardanti la cultura popolare associata alla scienza “ai confini della realtà” e alla science fiction. Connettendosi a un “motore di ricerca” (ottimi Infoseek e Yahoo!) e digitando, per esempio, “Area 51” o “Roswell crash”, si dispiegano davanti agli occhi del video-lettore migliaia di pagine “aliene”, con mappe, fotografie, commenti, indagini e così via. Siamo aldilà del sincero folklore dei nostri gruppi ufologici, dove il fatto scientifico viene spesso associato a un certo misticismo para-religioso, tingendosi sovente di ridicolo, con contattisti sfoggianti sanguinolente stigmate e così via. Il fenomeno UFO (acronimo inglese per Oggetto Volante Non Identificato - e non a caso OVNI è UFO in francese e in spagnolo) se da un lato crea, a partire dalla fine degli Anni Quaranta, vere e proprie maree ricorrenti di isteria collettiva, dall’altro stimola centinaia di autori, di aziende e di esperti di marketing a produrre romanzi, racconti, film, illustrazioni, dischi (musicali!), fumetti e tonnellate di oggettistica e gadget aventi come referenti le astronavi extraterrestri. Cerca di creare un certo ordine in questo marasma spaziale multimediale un illustratissimo saggio di Eric e Leif Nesheim, rispettivamente padre e figlio.
Saucer Attack!, giugno 1997 |
Si tratta di Saucer Attack! Pop Culture in the Golden Age of Flying Saucers (“I dischi attaccano! La cultura popolare nell’età d’oro dei dischi volanti”), pubblicato dalla Kitchen Sink Press, dove viene soprattutto analizzato il periodo della “prima ondata”, dagli Anni Quaranta agli Anni Sessanta (con frequenti puntate nel “prima” e nel “dopo”). Con “Saucer Attack!” gli autori intendono inoltre festeggiare il cinquantesimo anniversario di due eventi primari per l’ufologia moderna: l’avvistamento di Kenneth Arnold e l’incidente di Roswell nel New Mexico, tornato alla ribalta durante l’estate del 1995 con la diffusione del presunto filmato della presunta autopsia di un presunto alieno (il tutto piuttosto inquietante, a dire il vero).
Kenneth Arnold e il "suo" UFO. |
Un impressionante fotogramma della registrazione della pretesa autopsia su uno dei cadaveri alieni rinvenuti nel sito dell'incidente di Roswell. Il filmato fu reso pubblico nell'estate del 1995. |
“I dischi”, afferma Eric Nesheim nell’introduzione, “entrarono nella psiche collettiva in un periodo di grandi tensioni e paranoia per l’America. La gente aveva paura della Bomba e delle infiltrazioni comuniste. La guerra di Corea, lo Sputnik e i primi nostri insuccessi nella corsa allo spazio avevano minato la fiducia nazionale. Carl Jung credeva che i dischi volanti fossero proiezioni psicologiche di paure e desideri generali in un mondo di incertezze.” L’isteria da invasione interplanetaria come metafora del terrore di un avvento del comunismo negli USA durante la guerra fredda? Forse, ma scene di panico di massa si erano già viste in America già una ventina di anni prima, quando la falce & martello faceva meno paura: nel 1938 Orson Welles, narrò alla radio una versione talmente credibile del romanzo “The War of the Worlds” del suo quasi omonimo H. G. Wells che molti abitanti della East Coast credettero per davvero di star vivendo in diretta le fasi più drammatiche di un assalto marziano.
E il successo globale di recenti film di “invasione” con alieni cattivi o “post-spielberghiani” (“Independence Day”, “Mars Attacks!”, “The Fifth Element”, “MIB”, “Space Troopers”) dimostra che queste paure sono ancora vive nel subsconscio e che, se opportunamente stimolate, sono ancora capaci di muovere le masse (per andare al cinema, almeno!). Curiosi personaggi come Ray Palmer (ex-redattore di pulp magazine di fantascienza, venne contagiato dalla mania per gli UFO nel 1948 e fondò numerose riviste specializzate, tra le quali Fate, Flying Saucers, Mystic e Search), Donald Keyhoe (teorico delle cospirazioni statali contro la diffusione di notizie riguardanti gli UFO e fondatore del NICAP, il Comitato Nazionale d’Indagine sui Fenomeni Aerei), Gray Barker (il primo a introdurre il concetto di Uomini in Nero, un misterioso gruppo paragovernativo che si occuperebbe di insabbiare informazioni ufologiche), George Adamski (inventore del concetto di “astronave madre”, fu uno dei primi “contattisti” ed esibiva come prova strane foto di UFO a forma di lampadari da cucina, poi rivelatesi false), Buck Nelson (un agricoltore che sosteneva di essere stato rapito dagli alieni, che solcavano gli spazi interplanetari in compagnia di cani venusiani telepatici); riviste di narrativa e di saggistica dalle copertine coloratissime riproducenti aeronavi come Amazing Stories, Fantastic Universe, Galaxy, Science and Mechanics, Mechanix Illustrated, Space, Other Worlds, Startling Stories, Astounding Science Fiction, Super Science, Imagination, Fantastic, Fantasy and Science Fiction, Worlds of Tomorrow, Orbit; fumetti “di genere” come Flying Saucers, Weird Science, Outer Limits, Space Man, Space Adventures, Adventures into the Unknown, UFO Flying Saucers, UFO Mysteries, UFO Encounters, Atom-Age Combat, Space Western; film cult come “The Body Snatchers”, “Invisible Invaders”, “Village of the Damned”, “The Space Children”, “The Thing from Another World”, “It conquered the World”, “Invasion of the Saucer-Men”, “Earth vs. the Flying Saucers”, “The Mysterians”, “The 27th Day”, “The Cosmic Man”, “The Flying Saucer”, “UFO”, “The Atomic Submarine”, “Forbidden Planet”; tutto questo, insieme a una mole incredibile di giocattoli in plastica e latta raffiguranti dischi, robot e alieni, contribuì alla nascita di una nuova forma di mito moderno.
La copertina "ufologica" di Mechanix Illustrated uscito nel marzo 1957. |
Se gli statunitensi Nesheim padre e figlio analizzano la UFO hysteria da un punto di vista sociologico, di costume e multimediale, concentrandosi soprattutto sugli Anni Cinquanta (“quando l’America era al tempo stesso più innocente e più paranoica”) e riferendosi anche alla “realtà” degli atterraggi da altri pianeti, gli inglesi David Miller e Mark Gatiss preferiscono restringere il campo di indagine extraterrestre al solo mondo del fantasia cinematografica allargando però lo “spettro temporale” all’intero ventesimo secolo con il volume They Came from Outer Space! Alien Encounters in the Movies (“Sono venuti dallo spazio profondo! Incontri alieni nei film”), pubblicato da Visual Imagination.
They Come From Outer Space!, 1996 |
“Forse sono in viaggio. Forse non arriveranno mai. Forse sono già stati qui. Il fatto è che gli alieni sono fra noi. Comunque sia, qui non intendiamo occuparci della vita reale – come potrà verificare ogni vero appassionato di fantascienza – ma esclusivamente degli alieni dei film: quelle creature distruttive dotate di raggi della morte e sonde rettali che hanno infestato la nostra coscienza collettiva fin da quando George Méliès ricreò la Luna nella sua serra. Era nostra intenzione celebrare la nobile tradizione degli alieni cinematografici in un modo gradevole e accessibile; punzecchiando i pochi miti, esaltando i pochi capolavori non riconosciuti ed esercitando una critica crudele sugli sprechi di celluloide. Lo spazio ci ha impedito di occuparci di altri soggetti fantascientifici, salvo alcune vistose eccezioni che hanno influenzato pesantemente il genere dell’essere venuto dallo spazio esterno. La prossima volta, forse…” Nell’introduzione i due autori d’Albione scrivono dunque un vero e proprio manifesto programmatico: i più noti “non umani” immortalati su pellicola in ogni parte del mondo sfilano davanti agli occhi del lettore seguendo un flusso rigorosamente cronologico. Si parte dal francese “Le voyage dans la Lune” di Méliès (1902) e si termina con l’americano “Independence Day” di Emmerich (1996), passando da prodotti “trash” e capolavori del genere come “Metropolis” (Lang, 1926), “The Thing from Another World” (Nyby, 1951), “The Day the Earth Stood Still” (Wise, 1951), “The War of the Worlds” (Haskin, 1953), “Godzilla” (Honda, 1954), “The Quatermass Experiment” (Guest, 1955), “Forbidden Planet” (Wilcox, 1955), “Invasion of the Body Snatchers” (Siegel, 1956), “The Blob” (Yeaworth, 1958), “Village of the Damned” (Rilla, 1960), “The Day of the Triffids” (Sekely, 1962), “Dr. Who and the Daleks”, (Fleming, 1965), “Barbarella” (Vadim, 1967), “2001 - A Space Odissey”, (Kubrick, 1968), “The Andromeda Strain” (Wise, 1970), “Dark Star” (Carpenter, 1974), “The Man Who Fell to Earth” (Roeg, 1976), “Star Wars” e il resto della trilogia (Lucas, dal 1977), “Close Encounters of the Third Kind” (Spielberg, 1977), “Alien” e sequel (Scott, dal 1979), “Star Trek: The Motion Picture” (Wise, 1979), “E.T.” (Spielberg, 1982), “Starman” (Carpenter, 1984), “The Terminator” (Cameron, 1984), “Dune” (Lynch, 1984), “Cocoon” (Howard, 1985), “Predator” (McTiernan, 1987), “They Live” (Carpenter, 1988), “The Abyss” (Cameron, 1992), “Stargate” (Emmerich, 1994) e “Species” (Donaldson, 1995).
Poster americano originale per The Day the Earth Stood Still, il capolavoro girato da Robert Wise nel 1951, noto in Italia come Ultimatum alla Terra. |
Come visto nel libro inglese, a partire dal 1977 entrano a far parte a pieno titolo della cultura e della mitologia pop americane i mondi, gli ambienti, i personaggi, i costumi, le armi, i veicoli, le astronavi, i linguaggi, gli strumenti, i suoni, le vicende, gli amori e le battaglie dei film di Star Wars, la celeberrima trilogia di space opera nata da un’idea dello scrittore, sceneggiatore e regista statunitense George Lucas che ha saputo fondere mirabilmente avventura, fantasy, narrativa cavalleresca e fantascienza in unicum indistricabile. E il culto di Guerre Stellari è fatto anche di oggetti minimi, di vere e proprie figure votive. Il “vangelo” di questo particolare aspetto del “credo starwarsiano” è The Official Guide to Star Wars Toys, la neonata rivista della Topps Publishing (la ditta delle card da collezione): nelle sue pagine multicolori, ricche di fotografie e illustrazioni, è possibile trovare tutto ciò che ha a che fare con la modellistica, l’oggettistica, il merchandising e l’aspetto ludico dell’universo di Star Wars. Darth Vader, che troneggia sulla copertina del n° 1, per la prima volta senza il ben noto casco nero “nazistoide”, è il vero sacerdote assoluto (incarna simultaneamente il Bene e il Male) della moderna pop religion a stelle-e-strisce.
Francesco Manetti